ABRAHAM MASLOW (Stati Uniti 1908-1970)
Abraham Maslow si è concentrato sull’esistenza umana e sui valori, i processi e le esperienze tipicamente umane che orientano il comportamento. Ritiene la motivazione la spinta che fa agire l’uomo in quanto è l’insieme di forze che attivano, dirigono e sostengono il comportamento nel tempo. Il comportamento dell’uomo è quindi motivato da passioni, sentimenti, stati d’animo, intelligenza, responsabilità, progettualità che devono essere considerate in quanto è un essere unico e complesso che agisce secondo libera scelta. L’uomo deve riuscire a raggiungere l’autorealizzazione cioè il pieno sviluppo del talento, delle capacità e delle potenzialità in modo da poter realizzare il senso della propria individualità e rappresentare il meglio dell’umanità favorendone il suo progresso. Maslow ha elaborato una scala gerarchica dei bisogni che parte dai bisogni fondamentali di cui fanno parte i bisogni fisiologici e di sicurezza che devono essere soddisfatti altrimenti il comportamento ne risente negativamente, a cui poi si aggiungono quelli di appartenenza e di stima importanti per un sereno sviluppo. Poi si passa ai bisogni di maturazione che soddisfatti gradualmente durante il ciclo di vita portano all’autorealizzazione. Maslow ritiene che la necessità di soddisfare questi bisogni sia quella della riduzione della tensione: il bisogno crea nell’individuo uno stato di disagio vissuto come tensione e perciò si attiverà per compiere un’azione che porti al soddisfacimento del bisogno e di conseguenza alla riduzione del disagio. Tale comportamento sarà ripetuto fino al soddisfacimento del bisogno.
L’EDUCATORE: L’educatore deve saper creare un ambiente motivante, che motivi i bambini/ragazzi nel senso di creare in loro motivazioni ma anche intercettandole nei loro atteggiamenti per capirne i comportamenti. L’educatore deve cercare di concentrare il suo intervento sul soddisfacimento dei bisogni di appartenenza e di stima che sono quelli su cui può operare, cercando di creare situazioni di aggregazione a clima sereno e lavorando sull’autostima tramite rimandi positivi dall’ambiente.
IN SINTESI: L’educazione deve riuscire utilizzando tutti gli strumenti della cultura a creare motivazioni nei soggetti in modo che queste generino una ricerca di Sè e ciò gli consenta di realizzare la propria individualità. L’educazione deve cercare di intervenire qualora i bisogni fondamentali non sono soddisfatti e deve mettere le basi per la creazione di quei bisogni di maturazione che corrispondono ai valori umani universali che portano all’autorealizzazione.
GORDON WILLARD ALLPORT (Stati Uniti 1897-1967)
Gordon Allport considera la personalità come un’unità dinamica nella quale si coniugano fattori biologici, psicologici e sociali che si integrano armonicamente a formare un’individualità unica e irripetibile. Tale individualità non è rigida ma è sempre in divenire nel senso che essa è sempre in crescita e alla ricerca di differenziazioni e integrazioni. Perciò Allport ritiene che non si deve studiare i fattori che accomunano gli individui, ma quelli che li differenziano ed individua nella personalità dei tratti comuni a tutti gli individui dovuti alle influenze sociali e dei tratti personali unici e diversi per ogni singolo individuo. I tratti sono delle unità di base che formano dei sistemi neuropsichici che racchiudono in sé tutte le caratteristiche della personalità e spiegano le regolarità nel comportamento di una persona nelle situazioni e nel tempo. L’autore li suddivide in tre tipologie: tratti cardinali che sono quelli più forti e invasivi che si manifestano in tutti i comportamenti; tratti centrali che sono quelli che svelano l’essenza del soggetto e si manifestano in certi suoi comportamenti; tratti secondari che sono meno evidenti e generalizzati perché si manifestano solo in circostanze particolari. Importanti sono le situazioni che fanno emergere o fanno inibire certi tratti. Allport si è dedicato anche al pregiudizio illustrando i meccanismi che stanno alla base di questo fenomeno. Egli ritiene che esso nasce dalla naturale necessità della mente di semplificare, classificare e categorizzare la realtà così da poter operare delle generalizzazioni. Tra esse vi sono appunto gli stereotipi e i pregiudizi, che portano a giudicare una persona attribuendole caratteristiche del concetto generale che si possiede rispetto al gruppo o alla categoria a cui appartiene, invece che per le sue caratteristiche personali. Ciò che trasforma uno stereotipo in un pregiudizio è la sua connotazione negativa che può manifestarsi in atteggiamenti di carattere ostile. Allport ritiene che per comprendere la natura del pregiudizio si devono analizzare le condizioni socio-culturali dell’individuo che fanno nascere in lui un bisogno personale di attribuire certi pregiudizi che poi condivide e ritrova nel gruppo di appartenenza; perciò aspetti personali e sociali si intrecciano e fanno nascere o rafforzare il pregiudizio.
L’EDUCATORE: L’educatore deve saper cogliere quali sono i tratti personali dell’individuo che nel suo lavoro è utile vedere come predisposizioni e tendenze su cui lavorare, sia per incentivarli se positivi oppure per inibirli se negativi. L’educatore deve evitare di applicare pregiudizi anzi deve cercare di accorgersi quando questi lo condizionano e al limite usarli solo per cercare di comprendere la realtà dei soggetti, ma nel suo lavoro operativo di supporto questi non devono interferire perché concentrato solo sulla crescita del soggetto.
IN SINTESI: L’educazione deve considerare sempre la personalità dei soggetti mai come stabile ma come qualcosa che è sempre in trasformazione e perciò deve evitare ogni forma di pregiudizio o etichettamento e lavorare per favorire il cambiamento e la ricerca di Sè.